Nel 1506 Erasmo da Rotterdam, umanista di largo prestigio, intraprese un viaggio, da tempo desiderato, per le città d'Italia. Fu a Torino, a Pavia, a Venezia, e infine a Roma, testimone della mondanità sfarzosa e raffinata della corte papale. Tornato in lnghilterra, ospite dell'amico Tommaso Moro, distese le sue riflessioni in un saggio vivace e stravagante, l'«Elogio della follia », in cui la coscienza della crisi morale dell'epoca si esprime nei modi cifrati dell'allegoria e del paradosso. Protagonista dell'opera è la Follia, chiamata a svolgere una brillante perorazione su se stessa e sul mondo. Le sue parole, articolate nella forma di un elogio giocoso, suonano irridenti ed ambigue. Che cos'è la follia? L'ignoranza del semplice che vive in armonia con la natura senza intellettualistici sofismi o la falsa sapienza osannata e riverita dal mondo? È la forza istintiva dell'amore, della giovinezza, dell'illusione o la pedanteria capziosa degli eruditi, il dogmatismo dei filosofi, l'avidità ossessiva dei mercanti, la venalità dei papi? Tutto il genere umano si raccoglie all'insegna della follia, come su un grande scenario in cui gli attori indossano ora l'una ora l'altra maschera, mutando ruoli e prospettive. Scoprire il gioco, guardare il rovescio delle cose, significa svelare l'implicito dualismo in ogni realtà, il contrappunto assiduo di razionale e irrazionale, di insipienza e di saggezza in cui s'intesse la trama illusoria della vita; fino alla più alta esperienza, la follia folgorante della fede, che prospetta l'unica vera salvezza fuori dal groviglio della pazzia mondana. Pur nutrita dei luoghi topici del repertorio satirico classico, l'« Elogio della follia » è un'opera straordinariamente moderna, un'affascinante fantasia, in cui si esprime la ricerca di un'autenticità umana, unica possibile fonte di tolleranza e di pacifica convivenza fra gli uomini.